Le scuole estive
Per non farci mancare nulla e per non perdere l’occasione di fare comunità e godere dell’esperienza meravigliosa che il contatto umano in presenza ci può donare, ecco le nostre scuole estive.
Il programma delle scuole parte da un presupposto fondamentale: ogni strega è pienamente tale se è in contatto con l’elemento naturale, con la sua ciclicità, se percepisce e conosce il perenne movimento dell’ambiente intorno a sé e riconosce la corrispondenza esistente tra il mondo interiore e quello esteriore, nonché l’unione di questi due mondi. Per questo motivo, le scuole estive si svolgono in luoghi in cui è possibile sperimentare questa connessione.
Vi sono numerose differenze sostanziali tra il vivere l’esperienza della scuola attraverso il filtro di un monitor, ciascuna nell’intimità della propria stanza, e il condividere uno spazio per più giorni nella sua totalità.
Tale totalità spaziale non si esprime soltanto attraverso lo spazio tangibile, ma attraversa le dimensioni del tempo e della corporeità, della condivisione, del rispetto, dell’accoglienza e dell’accettazione. Parrebbe banale, eppure è grazie al vivere concretamente sé stesse, le altre e i luoghi che temporaneamente si coabitano, siano essi naturali o antropici, che avviene una magica dilatazione percettiva, emotiva, che apre spiragli in ciascuna e amplifica il dare, il ricevere e l’essere nella propria e altrui interezza.
Attraverso una relazione circolare, non verticistica ma paritetica e paritaria, si crea naturalmente una coralità aperta verso il sentire di ciascuna, le sue ispirazioni, i suoi contributi, la sua spontanea e libera partecipazione, che concorre alla fluidità dello scambio, sia esso materiale, emotivo o energetico. C’è spazio tanto per la solennità quanto per la leggerezza, per la serietà, la tristezza e il pianto, lo sgorgare di risa esorcizzanti, autentiche, selvagge, la libertà di stare e quella di andare, di condividere o di riflettere nella propria intimità. All’interno del cerchio, che continua a vivere anche nei momenti destrutturati del pasto, delle pause, della doccia, del riposo e del movimento, si sviluppa il senso profondo di comunità: la relazione magica vive anche di chiacchiere, di scambi, di esperienze personali raccontate davanti a un caffè, d’insegnamenti quotidiani, siano essi anche i più utilitaristici, come preparare la salsa Tzatziki o panificare con il lievito madre (e qui abbiamo esponenti di spicco nella pratica culinaria, approfittane).
Ognuna si spoglia del quotidiano, accedendo a un tempo extra, fuori dal tempo, sviluppando la percezione di un momento infinito e indefinito in cui torniamo al nostro essere, responsabili di noi stesse e delle altre.
Togliendosi dai ruoli della vita di tutti i giorni, non siamo più madri, figlie, mogli o nonne, ma possiamo essere tutto questo insieme o sentirci soltanto, in piena libertà, sorelle delle donne lì presenti, delle quali siamo spinte a prenderci cura, siano esse in sintonia o in distonia con noi, perché sorellanza non è piacersi per forza, ma dichiarare che ciascuna ha il sacro diritto di vivere il cerchio e difendere tale diritto.
Il tempo si dilata e, mentre i giorni scorrono, sembrano invece settimane, perché si entra in una dimensione altra.
Una sorella, tempo fa, ha coniato la citazione divenuta per noi iconica: “Che belle settimane abbiamo trascorso in questi giorni”.
Si assiste, stupite, ad una naturale dilatazione temporale, creata dalla magia del vivere autenticamente il qui e ora e, mentre ciò accade, scopriamo di non avere più un’età, torniamo a essere fanciulle e anziane allo stesso tempo, madri e figlie delle donne presenti perché ci svincoliamo dall’aspettativa sociale e incarniamo tutti gli archetipi che ci accompagnano, camminando insieme a loro. Si vive un’intimità senza vergogna, senza paura di venire giudicate per il proprio aspetto fisico, che sempre ci schiaccia nella realtà quotidiana, perché finalmente veniamo viste come un intero, e non a scomparti. Ci spogliamo del bisogno dell’accettazione e della performance, perché libere dalla necessità di compiacere chicchessia: non vi è occhio che si posi su di noi per valutarci nella forma, non ve n’è, parimenti, alcuno che giudichi la sostanza.
Anche il nostro essere streghe si rispecchia in una modalità rituale non liturgica. Per noi essere streghe significa soprattutto naturalezza, spontaneità, improvvisazione, suggestione derivata dalla connessione con l’elemento naturale e il genius loci, trascendendo i limiti della materia e del tempo. Per ascoltare le voci che in un luogo si sono sedimentate e grattare gli strati che si sono via via accumulati, portiamo il silenzio, liberandole e dando loro, così, spazio e ascolto.
Per noi è fondamentale la FIDUCIA, affidarsi, mettersi nelle mani di ciò che accade, delle sorelle, del cerchio e della Dea, dando dignità al ruolo di custode di ciascuna.
Il programma delle scuole parte da un presupposto fondamentale: ogni strega è pienamente tale se è in contatto con l’elemento naturale, con la sua ciclicità, se percepisce e conosce il perenne movimento dell’ambiente intorno a sé e riconosce la corrispondenza esistente tra il mondo interiore e quello esteriore, nonché l’unione di questi due mondi. Per questo motivo, le scuole estive si svolgono in luoghi in cui è possibile sperimentare questa connessione.
Vi sono numerose differenze sostanziali tra il vivere l’esperienza della scuola attraverso il filtro di un monitor, ciascuna nell’intimità della propria stanza, e il condividere uno spazio per più giorni nella sua totalità.
Tale totalità spaziale non si esprime soltanto attraverso lo spazio tangibile, ma attraversa le dimensioni del tempo e della corporeità, della condivisione, del rispetto, dell’accoglienza e dell’accettazione. Parrebbe banale, eppure è grazie al vivere concretamente sé stesse, le altre e i luoghi che temporaneamente si coabitano, siano essi naturali o antropici, che avviene una magica dilatazione percettiva, emotiva, che apre spiragli in ciascuna e amplifica il dare, il ricevere e l’essere nella propria e altrui interezza.
Attraverso una relazione circolare, non verticistica ma paritetica e paritaria, si crea naturalmente una coralità aperta verso il sentire di ciascuna, le sue ispirazioni, i suoi contributi, la sua spontanea e libera partecipazione, che concorre alla fluidità dello scambio, sia esso materiale, emotivo o energetico. C’è spazio tanto per la solennità quanto per la leggerezza, per la serietà, la tristezza e il pianto, lo sgorgare di risa esorcizzanti, autentiche, selvagge, la libertà di stare e quella di andare, di condividere o di riflettere nella propria intimità. All’interno del cerchio, che continua a vivere anche nei momenti destrutturati del pasto, delle pause, della doccia, del riposo e del movimento, si sviluppa il senso profondo di comunità: la relazione magica vive anche di chiacchiere, di scambi, di esperienze personali raccontate davanti a un caffè, d’insegnamenti quotidiani, siano essi anche i più utilitaristici, come preparare la salsa Tzatziki o panificare con il lievito madre (e qui abbiamo esponenti di spicco nella pratica culinaria, approfittane).
Ognuna si spoglia del quotidiano, accedendo a un tempo extra, fuori dal tempo, sviluppando la percezione di un momento infinito e indefinito in cui torniamo al nostro essere, responsabili di noi stesse e delle altre.
Togliendosi dai ruoli della vita di tutti i giorni, non siamo più madri, figlie, mogli o nonne, ma possiamo essere tutto questo insieme o sentirci soltanto, in piena libertà, sorelle delle donne lì presenti, delle quali siamo spinte a prenderci cura, siano esse in sintonia o in distonia con noi, perché sorellanza non è piacersi per forza, ma dichiarare che ciascuna ha il sacro diritto di vivere il cerchio e difendere tale diritto.
Il tempo si dilata e, mentre i giorni scorrono, sembrano invece settimane, perché si entra in una dimensione altra.
Una sorella, tempo fa, ha coniato la citazione divenuta per noi iconica: “Che belle settimane abbiamo trascorso in questi giorni”.
Si assiste, stupite, ad una naturale dilatazione temporale, creata dalla magia del vivere autenticamente il qui e ora e, mentre ciò accade, scopriamo di non avere più un’età, torniamo a essere fanciulle e anziane allo stesso tempo, madri e figlie delle donne presenti perché ci svincoliamo dall’aspettativa sociale e incarniamo tutti gli archetipi che ci accompagnano, camminando insieme a loro. Si vive un’intimità senza vergogna, senza paura di venire giudicate per il proprio aspetto fisico, che sempre ci schiaccia nella realtà quotidiana, perché finalmente veniamo viste come un intero, e non a scomparti. Ci spogliamo del bisogno dell’accettazione e della performance, perché libere dalla necessità di compiacere chicchessia: non vi è occhio che si posi su di noi per valutarci nella forma, non ve n’è, parimenti, alcuno che giudichi la sostanza.
Anche il nostro essere streghe si rispecchia in una modalità rituale non liturgica. Per noi essere streghe significa soprattutto naturalezza, spontaneità, improvvisazione, suggestione derivata dalla connessione con l’elemento naturale e il genius loci, trascendendo i limiti della materia e del tempo. Per ascoltare le voci che in un luogo si sono sedimentate e grattare gli strati che si sono via via accumulati, portiamo il silenzio, liberandole e dando loro, così, spazio e ascolto.
Per noi è fondamentale la FIDUCIA, affidarsi, mettersi nelle mani di ciò che accade, delle sorelle, del cerchio e della Dea, dando dignità al ruolo di custode di ciascuna.